PRIMA L'UOMO O LA GALLINA?
Rubrica semiseria della lunga tornata elettorale
Ebbene sì, parliamo di elezioni, ma sfibriamo prima la tensione accumulata nelle ultime settimane di campagna elettorale ed immergiamoci in un'analisi semiseria o, se preferite, giocosa di quanto è avvenuto nei lunghi giorni di ubriacatura elettorale.
Innanzitutto i manifesti colorati, ma di questo ho già detto e non mi va di tornarci. Solo, quei volti appaiono a tutti un po' lessi, ora che la sbornia è passata e sono rimasti al palo molti di quei sorridentissimi candidati.
A proposito, per i pochi che non lo sapessero, i candidati alle elezioni traggono il loro nome dalla toga candida che, nell'antica Roma, indossavano gli aspiranti a cariche pubbliche, per indicare simbolicamente il candore del loro animo e, soprattutto, la trasparenza della propria storia personale. E, vi assicuro, non è uno scherzo!
E' uno scherzo invece, se si dice che la grande proliferazione di giovani nelle diverse liste elettorali sia stata dovuta al loro tentativo di accaparrarsi l'indennità di carica, avendo il Governo stabilito un vero e proprio stipendio per i Consiglieri Comunali, ai quali potrebbe capitare il gravoso fardello, crisi permettendo, perfino di riunirsi una volta al mese. Nessuno certamente del Governo ha mai potuto pensare di risolvere in questo modo il grave problema della disoccupazione giovanile del Sud, né di attuare tale sistema per avvicinare i giovani alla politica. Quindi tutto questo è sicuramente uno scherzo.
Piuttosto, occorre meditare seriamente sul perché tanta gente, anche nella nostra città, si sia rifiutata di andare a votare. Una volta, quando gli emigranti, bandiere al vento, tornavano dalla Germania, dalla Svizzera, dalla Francia, per esprimere il proprio voto anche alle elezioni locali, erano soltanto i vecchietti che, sull'ultimo loro letto, si rifiutavano di andare a votare, se non ci pensavano a far loro cambiare idea i Comitati Civici, con i certificati medici già pronti. Adesso, invece, l'astensionismo è una scelta volontaria, e ci ritroviamo poi con Sindaci e Presidenti di Regione che, nonostante il grande dispendio di denaro (pubblico?), sono riusciti a malapena ad essere eletti con il venticinque per cento degli aventi diritto al voto.
Abbiamo assistito alle politiche del 1996 all'acclamazione della "gioiosa vittoria" dell'Ulivo; alle ultime regionali, alla "esaltante affermazione" del Polo; alle nostre elezioni comunali, alla "pirotecnica" risalita del centro-sinistra al Palazzo di città. Non è vero niente! E' tutto uno scherzo. Ed il merito maggiore di questo fantomatico scherzo va assegnato ai nostri liberissimi mass-media - giornali e televisione uniti nella lotta - i quali nascondono i dati veri della competizione e non dicono che sono ormai almeno quindici anni che non un solo partito vince le elezioni e che tutti perdono inesorabilmente voti ed elettori, i quali, questi ultimi, sempre più disgustati da certi giochetti, esprimono il loro dissenso astenendosi dal voto, o imbrattando le schede per mandare i nostri poco appetitosi candidati ed i loro partiti a farsi benedire. Questo è davvero uno scherzo. Anzi un gioco e la competizione tra i partiti è come una gara tra paracadutisti, in cui ognuno cerca di sbattere col sedere per terra un tantino dopo l'avversario, ma stando tutti insieme attenti a non rompersi l'osso del collo.
Del resto, i partiti non fanno nulla per incentivare la partecipazione. A loro basterebbe che votassero mille elettori in tutta Italia, forse ne potrebbero bastare anche cento, già sufficienti per sancire le consuete percentuali televisive e cantare vittoria, ancora una volta.
"Meglio pochi ma buoni"; "Chi è assente ha sempre torto"; "Chi sparte(!) ha la miglior parte";"La politica è l'arte del possibile"; "Non buttate insieme all'acqua sporca anche il bambino": sono le linee guida dei partiti, di tutti i partiti; una sorta di manuale dell'organizzazione partitocratica, altrettanto caro che il "Manuale Cencelli", e più tranquillizzante del Valium.
E qui giochiamo ad un'altro gioco, ma questo mi piace molto di più di tutti gli altri, anche se mi fa venire tristezza. Chi è il bambino? "Cherchez l'enfant", direbbero i francesi. Allora a uno viene subito da pensare: il bambino potrebbe essere il futuro di una città, oppure la speranza dell'uomo fiducioso nell'avvenire, se non piuttosto una sorta di primavera della società, che preannuncia i maturi frutti della bella stagione.
No, signori miei. Avete sbagliato tutti quanti. Il bambino è il partito. Anzi il Partito. Una volta ognuno aveva il Partito, non un partito. Non un partito qualsiasi, voglio dire. Il marito diceva alla moglie. "Vado al Partito" e subito la moglie capiva, non gli chiedeva mai: "A quale partito?". Il Partito era il Partito. Il Partito era l'organizzazione, la testa pensante che svolgeva un importante ruolo nella società. La caduta delle ideologie (e degli ideali) ha fatto ora proliferare i bambini, tanti bambini, ma nessun uomo. Così, coloro che militano nei partiti si accontentano di essere "pochi ma buoni", non si scandalizzano più di niente, né delle strade che non ci sono, né della viabilità che è uno schifo, della insicurezza dei cittadini, dell'ambiente sempre più vilipeso e degradato, delle tangenti che hanno ripreso a girare.
"La politica è l'arte del possibile!". Ben detto, bravo, bis. Ridillo, che mi prende un'esaltazione e m'illumino... di grigio.
Ma stiano attenti però, questi signori, ora che i referendum sono alle porte. Giacché la vita ci ha tante volte insegnato che i processi storici avvengono inattesi ed improvvisi, e qualcuno potrebbe fermare il giro lezioso di questa ubriacante giostra, proprio ora che l'amato bambino sta per abbandonare il suo pudore, per mostrarsi nuovamente con le ben note sembianze di una gallina dalle uova d'oro.